Sul bisogno di essere compresi

di Adelina Detcheva

Nella stanza di terapia accadono molte cose. Alcune delle cose che accadono si collocano ad un livello base, implicito, non verbale; altre implicano un livello di complessità a diverso gradiente. 

L’esperienza del paziente di sentirsi compreso e il suo corrispettivo, l’atto di comprendere, da parte del clinico è, senza dubbio, una delle attività più basiche e, contemporaneamente, più complesse tra i vari accadimenti di un colloquio clinico.

Spesso sottovalutato dalla letteratura scientifica, comprendere vuol dire cogliere qualcosa di essenziale del funzionamento del paziente; qualcosa che gli altri (il contesto intorno, gli altri significativi) non sono riusciti a vedere, per i motivi più svariati; spesso, qualcosa che il paziente stesso fa fatica a mettere in una forma psichica, pur spinto dal bisogno profondo e primario di un qualcosa di indefinito. 

L’atto di ‘comprendere-essere compresi’ dona l’opportunità della coppia a lavoro nella stanza di terapia di cogliere una totalità dell’esperienza psichica del paziente e non un suo frammento. 

Dotata di queste qualità di essenzialità e globalità, la comprensione psicoanalitica apre alla libera circolazione dell’affettività, a traiettorie di senso in evoluzione, nonché all’ossigenazione di zone psichiche in precedenza sopite ma fondamentali per sentirsi vivi e interi.